Le strade parallele di
Con Murad Subay e Andrea Villa è stata subito intesa.
Dopo mesi di chat, e-mail e confidenze,
ecco che questo progetto giornalistico ha preso forma.
Intervisto Murad, in un pomeriggio di giugno, con migliaia di chilometri e un’ora di fuso orario a dividerci. Una telefonata via WhatsApp. Mi chiama lui, all’ora stabilita. Puntualissimo.
Murad Subay è lo street artist yemenita più famoso al mondo, citato da una miriade di testate editoriali, europee e americane, interessate a questo giovane “Banksy yemenita”, come amano definirlo.
Sulla sua pagina Wikipedia, in inglese, viene descritto come artista contemporaneo e attivista politico, e si possono leggere le tappe fondamentali della sua crescita.
La rivoluzione, la strada, la guerra e
ancora la strada.
Sempre con l’eroismo nello sguardo, se di eroismo si può parlare e scrivere, a proposito di un trentenne che ha consapevolmente rinunciato alla libertà per dare speranza alla sua gente «che non sogna più», con un grado eccezionale di coraggio e abnegazione.
Con Andrea, invece, l’appuntamento è in piazza Bodoni a Torino, di fronte al Conservatorio Giuseppe Verdi: un salotto caldo al riparo dal rumore cittadino, cullato dal suono di pianoforti, ottoni e cordofoni. Andrea Villa, nome attribuitogli fortuitamente da un quotidiano, è uno degli street artist più discussi in Italia.
All’incontro arriva in anticipo, e mi aspetta mani in tasca, mostrandosi rilassato: camicia sgargiante con trama floreale, giacca in Denim, e una folta chioma.
È molto più giovane di quel che mi aspettassi. Al confine tra i Millennial e la Generazione Z, è nato e cresciuto nell’epoca della viralità, dei meme e dei social network. Ma quanti anni ha, esattamente?
«Più o meno venti»,
dice, difendendo il suo anonimato. Agli incontri pubblici si presenta con una maschera cromata a specchio, che ricorda un po’ un casco spaziale, o l’elmetto di un combattente del futuro.
Andrea Villa è alieno, inteso come estraneo dal normale, fuori posto: proprio per questo ha qualcosa di nuovo da dire, e da mostrare.
Cresciuti in contesti dissimili, Murad Subay e Andrea Villa hanno imboccato la stessa strada per comunicare le loro idee, resistere e lottare per il futuro:
… muri che, nel loro caso, non dividono,
ma uniscono.
Torino e Sana'a sono due città lontane quasi 5 mila chilometri, in due Paesi profondamente diversi per lingua, cultura, costumi, religione praticata.
In Italia l’emergenza è sociale, con l’aumento della povertà, la crescente distanza tra ricchi ed emarginati, la dilagante xenofobia, fomentata da alcune frange politiche, e una deriva culturale preoccupante.
Lo Yemen vive una profonda crisi umanitaria:
un popolo martoriato dalla guerra, dalle epidemie, dalla fame.
Lo Yemen – il paese più povero del Medio Oriente – è teatro di una guerra interminabile.
L’ultimo scontro bellico, che si protrae dal 2015, è figlio di uno scenario cambiato tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando Ali Abdullah Saleh, il capo del Paese da oltre trent’anni, lasciò il potere a seguito della cosiddetta «Primavera araba», che in Yemen fu guidata con in prima linea gli Houthi (gruppo sciita zaydita, frangia dello sciismo di cui fa parte circa il 35 per cento della popolazione musulmana yemenita) e dal gruppo Islah, all’interno del quale c’erano anche i Fratelli Musulmani yemeniti. Saleh governava il Paese dal 1978, prima solo lo Yemen del Nord, e poi la Repubblica Unita dello Yemen dopo l’unificazione (maggio 1990).
Una lenta e complicata transizione politica, sostenuta e modellata a piacimento dai Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, di cui fanno parte Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar, e Arabia Saudita, ha portato all'elezione di Abdel Rabbo Monsour Hadi, che diventò così il nuovo presidente. L’elezione di Hadi è stata riconosciuta dai paesi arabi e dall’Occidente.
I due paesi, USA e Yemen condividono due grandi avversari: Al-Qāʿida nel sud (dove ha trovato una nuova roccaforte dopo aver abbandonato l'Afghanistan) e i ribelli sciiti Houthi nel nord del paese, tenuti a bada dal Presidente dimissionario con un'alleanza precaria successiva alla Rivoluzione, dopo decenni di guerre. Saleh quindi non lasciò mai davvero il potere, ma nel 2017 decise di assecondare il nuovo corso e avvicinarsi maggiormente all'Arabia Saudita, firmando così la sua condanna a morte.
Fu ucciso proprio dagli Houthi nel dicembre del 2017.
Gli arabi, vicini al nuovo presidente Hadi, considerano la loro sicurezza interna il motivo principale dell’intervento in Yemen, e per questa ragione gli Houthi sono una grave minaccia. Il rafforzamento degli sciiti yemeniti potrebbe irrobustire la minoranza sciita che si trova nelle zone orientali dell’Arabia Saudita, e che continuamente cerca di ridimensionare il potere della monarchia sunnita.
Gli Stati Uniti cominciarono a collaborare subito con Hadi.
Lo Yemen ha un disperato bisogno di pace. Oggi è in preda a un incubo umanitario, con epidemie di colera e difterite, fame e devastazione.
Il Co-Vid19, inoltre, non ha fatto altro che spingere il Paese sull’orlo della carestia e del collasso economico.
La pandemia provocata dal ceppo virale
SARS-CoV-2 ha fatto registrare un tasso di mortalità del 29% (dati World Health Organization, gennaio 2021). È inoltre probabile che i casi segnalati siano sottostimati, a causa della limitata capacità di test e difficoltà di accesso ai servizi di cura, nonché alla paura di rimanere vittima di uno dei numerosi attacchi alle strutture sanitarie.
Insomma, ciò che sta accadendo in Yemen non è un banale scontro tra buoni e cattivi, ma un complicatissimo tentativo di difesa di interessi, da più parti, dove a farne le spese è la popolazione.
Ma non solo: il futuro delle nuove generazioni yemenite passa anche attraverso la scuola e l’istruzione, oggi in crisi più che mai. In questo scenario devastante, Murad Subay ha dovuto crescere in fretta: prima ragazzo schivo e solitario, poi uomo determinato e coraggioso, che servendosi della sua arte cerca di riportare speranza negli occhi e nelle intenzioni dei suoi connazionali.
Le strade parallele di Andrea e Murad: "I sogni"
Murad Subay
Già prima della guerra scoppiata nel 2015, i rapporti di iscrizione nel sistema scolastico yemenita dimostrano come l’accesso all’istruzione era e rimane un problema nel Paese, specialmente per le bambine e ragazze, ma anche per studenti in aree remote.
Nel 2016, il tasso di arruolamento per entrambi i sessi era del 78% nel livello primario, del 39% nel livello secondario e del 5% nel livello terziario. Le iscrizioni femminili, però, sono drammaticamente diverse tra le regioni: a livello primario, è tipicamente superiore al 50% nelle aree urbane, e spesso meno della metà di quelle nelle aree rurali. Nell’infografica seguente, le percentuali d’iscrizione di maschi e femmine, nei tre livelli scolastici.
Fonte: raccolta dati consorzio
State University, 2017
A differenza della scuola primaria italiana, quella yemenita dura 9 anni, obbligatoria, e forma i bambini dai 6 ai 15 anni di età
100%
Bambini
40%
Bambine
La scuola secondaria dura invece 3 anni: nel primo anno tutti seguono un programma generale, per poi nel secondo sceglierne uno letterario o scientifico. In alternativa possono optare per una scuola secondaria tecnica che offre formazione professionale, o per una che forma personale sanitario, o, ancora, una scuola secondaria agraria
53%
Ragazzi
14%
Ragazze
La scuola terziaria, invece, è un livello di istruzione introdotto solo negli anni Settanta, quando fu fondata l'Università di Sana'a. Oggi ci sono diverse università pubbliche e college privati.
7%
Ragazzi
1%
Ragazze
Il tasso di alfabetizzazione è cresciuto, superando la quota del 70% della popolazione (dati Index Mundi, 2015).
L’obiettivo dichiarato del governo yemenita è oltrepassare quota 90% entro il 2025, e per raggiungerlo ha stabilito fondi annuali per gli studenti delle zone rurali,
e compensi più vantaggiosi per gli insegnanti che decidono di trasferirsi nelle parti più remote e svantaggiate del Paese, grazie al supporto economico occidentale,
in particolar modo degli Stati Uniti, e del regime sunnita arabo.
Questa situazione porterà inevitabilmente a un maggiore peso dell’istruzione privata nella scuola primaria e secondaria.
Non è tuttavia sufficiente a evitare l’attuale controllo delle forze militari del governo sull’istruzione, causa di distorsione dei programmi a favore della propaganda di regime.
Inoltre, la guerra, la carestia e le epidemie hanno avuto pesanti effetti su ogni aspetto della quotidianità, educazione scolastica compresa.
Le strade parallele di Andrea e Murad: "I colori"
Se da una parte l’occidente - in particolare gli Stati Uniti -
finanzia l’istruzione in Yemen
dall'altra uccide
indirettamente, quei bambini a cui offre lo studio.
Producendo bombe,
in larga parte acquistate e utilizzate dall’Arabia Saudita
per contrastare gli Houthi.
Le ultime vittime, riportate dai media di tutto il mondo, sono 40 bambini, tutti maschi, dai 6 agli 11 anni,
fatti saltare in aria da una bomba di fabbricazione statunitense che ha colpito il loro autobus,
mentre si recavano a scuola.
E anche l’Italia ha un ruolo in quel teatro di sangue.
Come riportato dal The New York Times,
anche nel Bel Paese sono state prodotte bombe
(nel caso specifico le MK8) utilizzate poi dall’Arabia Saudita per colpire gli Houthi sciiti.
Il 29 gennaio 2021, con un atto del Governo Conte sono state revocate le autorizzazioni in corso
fermando così l’esportazione di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti;
nel frattempo gli USA hanno congelato le forniture militari a Riad.
Ma tutto questo non basta: il Regno Unito ha ripreso le esportazioni di bombe Paveway IV, le cui componenti sono prodotte anche in Italia.
Meritxell Relaño
rappresentante UNICEF in Yemen
Il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF) spiega che il sistema educativo dello Yemen
è stato devastato dal brutale conflitto del Paese.
Secondo il rapporto «If Not In School» dell’UNICEF:
Fonte: Raccolta Dati UNICEF,
Marzo 2018
è stato costretto ad abbandonare la scuola dal 2015 a oggi
Insegnanti pubblici che non vengono pagati da oltre 1 anno
Bambini arruolati dal 2015 a oggi
Bambine costrette a sposarsi
Scuole
Danneggiate
Scuole
Chiuse
Scuole
convertite in dormitori o basi militari
La guerra continua, e la conseguente crisi umanitaria si è aggravata ulteriormente,
in un Paese che, come scritto, era già uno dei più poveri del Medio Oriente.
Nel frattempo, gli sforzi per la ricerca di un accordo di pace sono minimi.
Le strade parallele di Andrea e Murad: "La strada"
«Sono nato nella città di Dhamar (nel 1987, ndr), e all’inizio degli anni ‘90 ci siamo trasferiti nella capitale Sana’a.
Ho quattro fratelli e tre sorelle: è stata sicuramente un’infanzia segnata dalla povertà, ma dignitosa.
Grazie ai sacrifici di mio padre, abbiamo potuto tutti studiare: ricordo che per me fu un periodo molto tormentato, poiché cambiai addirittura 9 scuole.
Soprattutto per questo motivo non avevo amici, non riuscivo a legare con nessuno, e mi sentivo disconnesso dalla socialità. Ero diventato molto taciturno, pensieroso.
Iniziai a disegnare nel 2001, me lo ricordo bene quel giorno… oh sì,
ricordo che in casa andò via la luce per via di un’esplosione qualche isolato più in là. Presi foglio e matita e disegnai, al buio: una cosa semplice, uno sketch della camera da letto, che mostrai poi ai miei fratelli e sorelle. Fu come un miracolo, e da lì continuai a esprimermi disegnando».
«Ho sempre avuto difficoltà nel relazionarmi con le persone, ma solo a 16 anni mi è stata diagnosticata la sindrome di Asperger.
Prima, non sapendo di averla, non capivo da cosa derivasse il mio problema, e ne ho sofferto molto.
Oggi la situazione è notevolmente migliorata, ma a quel tempo non avevo amici, e per sentirmi meno solo passavo il tempo tra la TV, i videogiochi, e i primi meme satirici online.
Ricordo bene anche i momenti a tavola, con la televisione sempre accesa: vedevo i politici al telegiornale, ed ero un adolescente incazzato perché non mi sentivo rappresentato.
Amavo l’arte, e volevo trovare un modo per esprimere le mie idee, per rappresentare i ragazzi nella mia situazione. Ma era come se il mondo artistico fosse totalmente slegato dalla mia realtà, per via dell’Asperger. Piano piano ho trovato la mia strada nell’arte contemporanea, spesso bistrattata dagli addetti ai lavori».
Le strade parallele di Andrea e Murad: "L'ispirazione"
Sentire il bisogno di proporre un nuovo linguaggio, e
comunicare un’idea che abbia un impatto sociale.
«Quello della street art è un mondo fatto di rispetto e omertà tra artisti. I writer si conoscono tutti, e nessuno si permette di giudicare le opere di qualcun altro.
- spiega Villa -
Ad esempio, immagino che a Londra gli artisti conoscano l’identità di Banksy, ma nessuno viene meno alla solidarietà tra colleghi.
Io sono diverso dai writer: loro si prendono troppo sul serio e sono troppo egocentrici. Pensano di cambiare il mondo con le loro opere: ma la verità è che sono i processi economici e sociali a deviare il corso della storia.
I graffiti puntano molto sulle immagini e sulla grafica, e poco sui concetti. Io cerco di fare il contrario: i miei lavori sono puliti e semplici, e mi ispiro ad Armando Testa, che considero uno dei più grandi artisti di sempre, e al Brandalism britannico.
Ma attenzione, io non sono contro le multinazionali, come lo erano i brandalisti: utilizzo solo il linguaggio della pubblicità per esprimere le mie idee».
Andrea Villa
"FUCK WAR" Murad Subay ha chiamato così uno dei suoi ultimi murales, vernice fresca sui mattoni della facciata di un palazzo distrutto dalle bombe, in una comune strada di Sana’a.
«Nel 2012, dopo la rivoluzione, creai la prima campagna “Colora i muri della tua strada”,
dove iniziai a disegnare e dipingere sulle pareti distrutte. Poi sulla mia pagina Facebook
chiesi ai miei concittadini di unirsi a me, e ogni giovedì mattina per tre mesi decine
e decine di giovani e meno giovani mi aiutavano a disegnare e colorare i muri.
Fu bellissimo, e l’effetto contagiò altre città yemenite
- ricorda Murad -
Più tardi, nel settembre dello stesso anno, creai la seconda campagna, dove iniziai a proporre messaggi di natura politica. “I muri ricordano i volti”, si chiamava, per portare l’attenzione sulla sparizione di attivisti politici e giornalisti dalla fine degli anni ‘60 al 2011 in Yemen.
Qui usai la tecnica dello stencil per dipingere sui muri delle città i volti di chi era scomparso, facendomi aiutare dalle persone e dalle famiglie delle vittime.
Oggi la situazione è ben più grave a causa della guerra che continua dal 2015 e oltre all’effetto visibile e tangibile sulle città, è ciò che fa alle persone che spaventa. C’è una rassegnazione dilagante, sperare in un futuro migliore è davvero difficile».
Murad Subay
Murad Subay
Le strade parallele di Andrea e Murad: "Il coraggio"
Le strade parallele di
Grazie ai due protagonisti,
Murad Subay e Andrea Villa,
per il loro tempo, per la loro creatività e visione.
E grazie anche a te, che hai letto questa storia.
«Questo è il modo che conosco per combattere: la street art è un’arma che colpisce senza uccidere, e, anzi, dà speranza alle persone. Durante la rivoluzione, nel 2011, pensavo di aver visto il peggio, e invece no: era nulla in confronto alla guerra scoppiata tre anni fa, e che continua ancora oggi.
È una situazione di devasto a ogni livello, non si sogna più, c’è frustrazione, si ha fame. Però col tempo ho capito che non è importante cosa provi, essere pessimisti sul futuro oppure ottimisti. Non cambia niente.
Ciò che può veramente cambiare le cose è agire. Cercare di continuare a fare qualcosa per la mia gente mi dà forza, dare sfogo alle voci delle persone ha un grande effetto su di me. E ora più che mai voglio continuare a farlo».
A Torino la situazione è completamente diversa, per fortuna: non abbiamo a che fare con guerra, malattie e carestia. C’è però una crescente emergenza sociale, a cui Andrea Villa risponde con satira, e cultura.
«Credo che l’arte contemporanea sia molto interessante.
Ad esempio, i dadaisti facevano collage con ritagli di giornale e immagini, trattando la politica e la società in modo satirico. Oppure, ancor prima, l’opera lirica parigina "La Belle Helene" (1864, ndr.) era piena di parodie di personaggi francesi dell’epoca. Ho inserito una citazione dell’operetta nel mio cartellone "Eau Di Nolfi", e non importa se sia stata colta da pochi.
Nelle mie creazioni ci sono più livelli di comprensione: voglio parlare a tutti, non solo agli addetti ai lavori. Io non voglio dare messaggi, ma raccontare il reale, a mio modo.
Questo è un tempo in cui bisogna prendere una posizione, non si può restare in attesa che gli avvenimenti facciano il proprio corso. Nel mondo dell'arte, però, occuparsi di attualità non è qualcosa di ben visto.
Per questo uso un nome falso: ho un’attività parallela come artista scultore, col mio vero nome, ed è ciò che mi dà da vivere».
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